di Salvo Caruso
Quando mi è stato chiesto di scrivere questo articolo, la prima cosa che ho fatto è andare a prendere in archivio quel numero 1 - anno 1, datato primo settembre 1992.
Avevo 32 anni ed uscivo dall’impegno di incaricato regionale alla formazione capi per diventare direttore di Sicilia Scout.
Sono passati quasi 30 anni e mi ha impressionato l’aver avuto il netto pensiero che quello che ho scritto allora, parola per parola, lo scriverei di nuovo, oggi.
E ho ricordato le interminabili sedute della redazione e tutte le difficoltà di allora, e i drammatici accadimenti che mi fecero scrivere allora l’ultimo articolo nell’ultima pagina, dedicata al 23 Maggio 1992 – Strage di Capaci.
Tutto il numero era incentrato su progetti per il futuro.
Il progetto redazionale raccontato nel primo articolo, la mia presentazione che si concludeva nel “pregare perché i nostri progetti siano conformi alla Sua Volontà”, e poi il cambio di guardia degli Assistenti Ecclesiastici Regionali con l’arrivederci di Don Sebastiano Gozzo uscente e il saluto di Don Cesare Rattoballi entrante, all’inizio di un nuovo cammino anche per lui. Si quel Don Sebastiano Gozzo che ha lasciato una traccia indelebile nello scoutismo siciliano e dentro di noi che abbiamo avuto la fortuna di lavorare con lui, e quel Don Cesare Rattoballi che al funerale delle vittime di Capaci sosteneva al leggio la vedova Schifani, con il suo indimenticabile atto di accusa: “ma loro non cambiano…”
Poi il numero è pieno dei progetti di alcune delle Zone di allora: Netina, Conca D’Oro e dello Stretto. E si vede la mia inesperienza di allora. Pubblicare tre progetti educativi riempiendo il numero fatto di poche pagine (quelle che ci potevamo permettere). Ecco qui oggi forse avrei optato per una efficace sintesi e lasciare lo spazio ad altri contributi, ma fu fatta la scelta del riportarli integralmente per dare a Sicilia Scout anche il segno della “pubblicazione degli atti”.
Poi il calendario dei campi scuola regionali e il ricordo di un volto dietro ogni nome dei capi campo indicati. Un volto che non significa solo una foto, ma una voce, uno stile, un carattere, un vissuto di rapporti che restano dentro per sempre in un modo o nell’altro. Un po’ di buonumore e uno spazio alla Branca LC regionale, prima dell’articolo di chiusura.
Un numero che si leggeva di un fiato, senza troppe parole e con tanti sentieri tracciati su una carta topografica ancora tutta da percorrere…
Mi corre l’obbligo dire che non ho “inventato” io Sicilia Scout. Se è vero che quello fu un momento di svolta, anche per tutta la società civile, lo scautismo siciliano e il suo giornale avevano avuto già una storia, un cammino. Perché partiamo sempre da dove è arrivato chi ci ha preceduto.
Ma da quel 92’ ad oggi cosa è successo? Cosa è cambiato? Cosa è stato fatto?
Il lavoro mi ha portato da poco più di un anno e mezzo a questa parte ad attraversare tutta la Sicilia andata e ritorno tutte le settimane. E quando passo dalle due stele che ricordano ai viaggiatori che li si è consumato un martirio, mi faccio il segno della croce.
E’ un segno di preghiera e ringraziamento per quegli uomini e donne che hanno dato la loro vita per lo Stato. Detta così è retorica, ma quante volte ho pensato a come sarebbe concretamente oggi la mia vita, il mio lavoro, se non ci fossero stati loro. Anche loro. Se la società di allora non si fosse scossa dal suo rassegnato torpore, se non ci fosse stato, proprio da allora, un reale cambiamento nella mentalità comune. Se la lotta alla mafia non fosse diventata argomento del dibattito, dell’educazione, se non fosse entrata nei nostri progetti educativi e se fosse rimasta invece argomento di cui tutti sanno ma nessuno parla, perché ognuno deve farsi i fatti suoi.
Se oggi essere onesti non è un atto di eroismo autolesionista, lo dobbiamo anche a loro.
Ma anche all’impegno di molti che si sono sentiti chiamati ad accendere una candela.
Una candela che fa luce e costringe a ritrarsi, a spostarsi, chi deve stare nel buio.
Dicevamo in quel numero, e poi abbiamo ripetuto sempre negli anni, che la mafia si combatte nelle piccole cose di ogni giorno. Non è un messaggio che è rimasto inascoltato. A pensarci bene quel discorso dell’apprendista spaccapietre che, se taglia bene i mattoni, contribuisce a sua insaputa, ma in maniera essenziale, alla costruzione di una splendida cattedrale, non erano solo chiacchiera di ragazzi sognatori fuori dalla realtà concreta. Perché molti spaccapietre hanno cominciato a fare il loro lavoro con la consapevolezza di essere costruttori di cattedrali.
Ecco il senso dell’educazione scout, dell’impegno apparentemente inutile nelle riunioni che finiscono alle ore piccole, e pensi che alla fine ci torni solo perché ti piace stare con gli altri, ma di pratico non si è concluso quasi niente.
Sicilia Scout ha raccontato il nostro impegno. Fatto di una miriade di minuscole gocce, in se quasi insignificanti, ma in realtà abbiamo raccontato e raccontiamo di oceani e grandi maree che si muovono.
Allora il pensiero che oggi avrei scritto le stesse cose, non significa che non è cambiato niente, ma che quei progetti, intenzioni, aspirazioni, hanno avuto un esito, un senso. Non mi hanno deluso, ed oggi li ho ancora dentro. Si, oggi scriverei ancora le stesse cose, non scriverei “facciamoci i fatti nostri tanto non cambierà nulla…”.
Magari purtroppo è vero che ancora tanti di loro “non cambiano”, ma noi tutti, in un modo o nell’altro siamo cambiati. Noi abbiamo cominciato a fare il cambiamento. Ed era questa la strada giusta, e lo è ancora.
Oggi le emergenze sono anche altre, sono planetarie. Ma il metodo scout è sempre lo stesso. Con le piccole cose si cambia il mondo, e lo si lascia un poco migliore di come lo si è trovato.
Un’ultima cosa mi sento in dovere di fare. Ringraziare qui quella pattuglia di folli che componeva la redazione, senza nulla togliere a chi nel tempo si è aggiunto ed ha continuato questo cammino, e quindi riportare qui la “gerenza” di allora: Elena Secchi, Gianfranco Monterosso, Loredana Migliore, Pierantonio Tona, Carla Puglisi, Giovanni Giuliana, e per la grafica Pippo Vitali. Persone che, come me, hanno creduto nell’impossibile a cui togliere l’iniziale “im”.